Creatività, cosa significa per me e soprattutto come la coltivo?

Fa un caldo terribile e a questo punto ho pensato di chiudere il mese con una riflessione sulla parola “creatività” e tutto l’odio e amore che mi suscita.

Ho ripreso in mano un libro che ho ad una spanna dal naso che dice questo: 

“Quando la gente usa il proprio talento creativo per risolvere problemi che non esistono o si dà un gran daffare per progettare uno strumento, ecco che nascono le invenzioni inutili.” 

Si tratta di un libro che ti consiglio: “Creatività. Il crimine perfetto” è un libro di Philippe Petit pubblicato da Ponte alle Grazie. Philippe è un tipo fighissimo che nel ‘74 compie la traversata delle Twin Towers del World Trade Center di New York.

“Sono le 07:15 quando raggiunge il tetto della Torre Nord, aiutato dai suoi complici nell’installazione dell’attrezzatura, e si prepara a salire su un cavo di acciaio spesso poco meno di 3 centimetri, sospeso a 417,5 metri dal suolo. La traversata dura 45 minuti, tempo in cui Philippe ripercorre il cavo (42,5 metri) otto volte avanti e indietro, con il solo aiuto di un’asta per l’equilibrio e del tutto privo di sistemi di sicurezza. Durante la performance non manca un saluto alle torri e anche al pubblico, che si è formato nel mentre.”

Wikipedia

Scrivere un libro sulla creatività sarà sicuramente stato più noioso della traversata.

Ma cosa significa creatività?

Mi piace leggere dal vocabolario Treccani: creatività s. f. [der. di creativo]. – Virtù creativa, capacità di creare con l’intelletto, con la fantasia. In psicologia, il termine è stato assunto a indicare un processo di dinamica intellettuale che ha come fattori caratterizzanti: particolare sensibilità ai problemi, capacità di produrre idee, originalità nell’ideare, capacità di sintesi e di analisi, capacità di definire e strutturare in modo nuovo le proprie esperienze e conoscenze.

In sanscrito, “KAR-TR” è “colui che fa” (dal niente), il creatore.

Steve Jobs semplicemente ha detto che «La creatività è mettere in connessione le cose»

Non credo a dire il vero che siano mai esistite persone che abbiano inventato da sole qualcosa. Tutte le invenzioni storiche sono passate attraverso esperimenti e tentativi, conflitti e brevetti rubati, ispirazioni dalla natura stessa o da un’altro settore. Ma niente che nasce per caso. 

La chiave di tutto, secondo me, sta nel mezzo.

Semplicemente ognuno di noi è creativo quando esercita un pensiero fuori dallo schema e lo applica per ottenere un risultato inaspettato o stimolante per i 5 sensi. Tutti possiamo mettere in atto questo processo!

Quando progetto parto proprio dal bagaglio di esperienza del cliente. Parto ascoltando il suo racconto perché il suo punto di vista è rilevante e spesso ha già delle soluzioni creative che sono il risultato del suo saper fare unito all’osservazione sul campo.

La grafica per me è poco creativa rispetto ad altre arti visive, ci sono regole imposte per una migliore leggibilità, limiti di budget, restrizioni sull’uso dei materiali, limiti di formati carta, limiti sulle strutture web. Queste regole e limiti non dipendono dall’estro del grafico ma sono dettagli rilevanti dettati dal cliente o dagli standard europei, mondiali. Pensate all’unità di misura, se iniziassi a fregarmene di quanti pixel vuole Facebook per una sua copertina? Sì posso, ma poi mi taglia la foto. 

Non sto parlando di innovazione, ma di praticità e quotidiano, parlo della grafica della tua carta intestata o del tuo biglietto da visita. Possiamo metterci la creatività utilizzando un po’ di guerrilla marketing ma poi nel quotidiano quanti conserveranno il tuo?

Lo insegna anche Irene Ferri nelle sue brillanti newsletter, la fotografia ha delle regole di composizione che vanno studiate, ma se si vuol fare la differenza va capito quando è il momento giusto per infrangerle. 

“Tutti abbiamo la possibilità di esprimerci attraverso le foto, tutti abbiamo il nostro sguardo e tutti possiamo dare il nostro contributo. Non è detto che tutti saremo in grado di produrre foto che lasciano il segno, certo, perché la buona fotografia richiede impegno, disciplina, occhio allenato, amore infinito per la conoscenza e tanta introspezione. L’avere sempre chiaro il perché hai scattato quella specifica foto e non un’altra.”

Irene Ferri

Creativi siamo tutti, non solo noi che lavoriamo nel mondo delle arti visive in generale.

Tutto ciò che penso, progetto e poi realizzo ha uno scopo che non scelgo io ma il cliente, oppure i dati, oppure il target, o tutte queste cose insieme. Il lavoro del “creativo” è sfidante, ma non sempre è creativo.

Mi sento più uno scolapasta che raccoglie aspettative, priorità, idee, ciò che arriva dal brand, ciò che piace al target, limiti di stampa, limiti del web. Faccio pulizia, filtro e metto tutto nel frullatore per far uscire uno smoothies dal sapore equilibrato. 

È molto difficile accontentare tutti, ma il mio lavoro è fatto di problemi da risolvere. L’esperienza e le competenze aiutano ad essere veloci, intuitivi, a far perdere meno tempo.  

Sì, la fase che preferisco è quella “creativa” ma perché è la più liberatoria, in cui inizio a pensare senza limiti, poi faccio a pugni con i limiti e la realtà. Il budget sempre più stretto e il “miserveperieri”.

Come coltivo la mia parte creativa?

Continuando ad osservare le cose che accadono attorno a me. 

Studio molto e mi tengo allenata, frequento dai 3 ai 5 corsi l’anno di formazione molto specifica su un argomento o leggo manuali e libri tecnici del settore.  

  • Zandegù è un punto di riferimento sui contenuti per cui ho guardato “La comunicazione inclusiva” di Giulia Muscatelli, che ora seguo su Instagram e molti altri che in questo mese del Pride mi hanno fatto conoscere di più a fondo le tematiche di genere e l’inclusione sociale; 
  • Ho ripreso in mano il libro a cura di Mariano Diotto su “Graphic and digital designer. Una professione proiettata nel futuro” che parte dagli amanuensi fino ai giorni d’oggi e tocca corde che ho bisogno di suonare con più frequenza;
  • Sto pasticciando le mie foto con Plutone, corso di Irene Ferri con cui studio la post produzione fotografica.

Leggo. Questa settimana sto finendo il libro di Jonathan Safran Foer “Possiamo salvare il mondo, prima di cena. Perchè il clima siamo noi” (We are the Weather, 2019), Collana Biblioteca della Fenice, Milano, Guanda, 2019. 

La cosa scioccante è leggere nelle sue parole l’urgenza e l’incazzatura di chi è all’oscuro che da lì a poco il mondo verrà sconvolto dalla pandemia Covid-19. Nonostante questo è attualissimo e spaventoso, molto vero. Apre a tante riflessioni e me lo sto godendo tutto. 

Guardo Netflix alle volte scegliendo a caso. Nelle ultime settimane mi son vista:

  • la seconda serie di Lupin, che è ritmata il giusto e mi piace
  • Un padre, film con la lacrima facile e qualche risata
  • ho provato la guida headspace “Rilassare la mente” interattiva, ha una grafica molto tenera che adoro

Ma guardo anche altro. Se ti piace la montagna ti consiglio di seguire Marco & Alice nelle loro avventure, l’ultima è nella Valle Orco, se ho dei lavori più esecutivi ascolto quelli di Venti, Tlon o Caffè Design.

Sperimento fuori dalla mia comfort zone. Ho fatto il mio primo Bagno di Foresta con Costellazioni Familiari, un immersione in cui ho trovato la gioia di osservare la natura e di trovare dei significati alle forme o delle personalità agli alberi. 

Cerco di camminare in montagna e quando posso faccio una bella arrampicata, sono tornata a fare degli aperitivi per strada, con persone nuove che offrono stimoli ai miei neuroni.

Mi sfido, continuamente. Cerco di rimanere fedele alla me bambina, curiosa e un po’ matta. E tu, cosa ne pensi di questo pippone sulla creatività?

Son pronta a riempire gli occhi di cose nuove se hai qualcosa da aggiungere ti aspetto in direct su Instagram @saralarossi per discuterne insieme. 

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La newsletter che invio a fine mese con le novità del blog, tools e idee per curare al meglio la tua comunicazione visiva.

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